Olimpiade, Parigi, Quillau, 1755

 ATTO TERZO
 
 SCENA PRIMA
 
  Bipartita che si forma dalle rovine di un antico ippodromo, già ricoperte in gran parte d’edera, di spini e d’altre piante selvagge.
 
 MEGACLE trattenuto da AMINTA per una parte e doppo ARISTEA trattenuta da ARGENE per l’altra. Ma quelli non veggono queste
 
 MEGACLE
 Lasciami. Invan t'opponi.
 AMINTA
                                                 Ah torna, amico,
 una volta in te stesso. In tuo soccorso
1005pronta sempre la mano
 del pescator, ch'or ti salvò dall'onde,
 credimi, non avrai. Si stanca il cielo
 d'assister chi l'insulta.
 MEGACLE
                                           Empio soccorso,
 inumana pietà! Negar la morte,
1010a chi vive morendo. Aminta, oh dio,
 lasciami.
 AMINTA
                    Non fia ver.
 ARISTEA
                                            Lasciami Argene.
 ARGENE
 Non lo sperar.
 MEGACLE
                             Senz'Aristea non posso,
 non deggio viver più.
 ARISTEA
                                          Morir vogl'io
 dove Megacle è morto.
 AMINTA
                                            Attendi. (A Megacle)
 ARGENE
                                                              Ascolta. (Ad Aristea)
 MEGACLE
1015Che attender?
 ARISTEA
                             Che ascoltar?
 MEGACLE
                                                        Non si ritrova
 più conforto per me.
 ARISTEA
                                        Per me nel mondo
 non v'è più che sperar.
 MEGACLE
                                            Serbarmi in vita...
 ARISTEA
 Impedirmi la morte...
 MEGACLE
 Indarno tu pretendi.
 ARISTEA
                                         Invan presumi.
 AMINTA
1020Ferma. (Volendo trattener Megacle che gli fugge)
 ARGENE
                  Senti, infelice. (Volendo trattenere Aristea come sopra)
 ARISTEA
                                               Oh stelle! (Incontrandosi in Megacle)
 MEGACLE
                                                                   Oh numi! (Incontrando Aristea)
 ARISTEA
 Megacle!
 MEGACLE
                    Principessa!
 ARISTEA
                                             Ingrato! E tanto
 m'odi dunque e mi fuggi,
 che per esserti unita,
 s'io mi affretto a morir, tu torni in vita?
 MEGACLE
1025Vedi a qual segno è giunta,
 adorata Aristea, la mia sventura.
 Io non posso morir; trovo impedite
 tutte le vie per cui si passa a Dite.
 ARISTEA
 Ma qual pietosa mano...
 
 SCENA II
 
 ALCANDRO e detti
 
 ALCANDRO
1030Oh sacrilego! Oh insano!
 Oh scellerato ardir!
 ARISTEA
                                      Vi sono ancora
 nuovi disastri, Alcandro?
 ALCANDRO
                                                In questo istante
 rinasce il padre tuo.
 ARISTEA
                                       Come!
 ALCANDRO
                                                      Che orrore!
 Che ruina! Che lutto,
1035se 'l ciel nol difendea, n'avrebbe involti!
 ARISTEA
 Perché?
 ALCANDRO
                  Già sai che per costume antico
 questo festivo dì con un solenne
 sacrifizio si chiude. Or mentre al tempio
 venia fra' suoi custodi
1040la sacra pompa a celebrar Clistene,
 perché non so né da qual parte uscito
 Licida impetuoso
 ci attraversa il camin. Non vidi mai
 più terribile aspetto; armato il braccio,
1045nuda la fronte avea, lacero il manto,
 scomposto il crin. Dalle pupille accese
 uscia torbido il guardo; e per le gote
 d'inaridite lagrime segnate
 traspariva il furore. Urta; roverscia
1050i sorpresi custodi. Al re s'avventa:
 «Mori» grida fremendo e gli alza in fronte
 il sacrilego ferro.
 ARISTEA
                                  Oh dio!
 ALCANDRO
                                                   Non cangia
 il re sito o color. Severo il guardo
 gli ferma in faccia; e in grave suon gli dice:
1055«Temerario! Che fai?» Vedi se 'l cielo
 veglia in cura de' re. Gela a que' detti
 il giovane feroce; il braccio in alto
 sospende a mezzo il colpo; il regio aspetto
 attonito rimira; impallidisce;
1060incomincia a tremar; gli cade il ferro;
 e dal ciglio che tanto
 minaccioso parea prorompe il pianto.
 ARISTEA
 Respiro.
 ARGENE
                   Oh folle!
 AMINTA
                                     Oh sconsigliato!
 ARISTEA
                                                                    Ed ora
 il genitor che fa?
 ALCANDRO
                                  Di lacci avvolto
1065ha il colpevole innanzi.
 AMINTA
                                            (Ah si procuri
 di salvar l'infelice). (Parte)
 MEGACLE
 E Licida che dice?
 ALCANDRO
                                    Alle richieste
 nulla risponde. È reo di morte e pare
 che nol sappia o nol curi. Ognor piangendo
1070il suo Megacle chiama; a tutti il chiede,
 lo vuol da tutti; e fra' suoi labbri, come
 altro non sappia dir, sempre ha quel nome.
 MEGACLE
 Più resister non posso. Al caro amico
 per pietà chi mi guida?
 ARISTEA
                                              Incauto! E quale
1075sarebbe il tuo disegno? Il genitore
 sa che tu l'ingannasti;
 sa che Megacle sei. Perdi te stesso
 presentandoti al re, non salvi altrui.
 MEGACLE
 Col mio principe insieme
1080almen mi perderò. (Vuol partire)
 ARISTEA
                                      Senti. E non stimi
 consiglio assai miglior che 'l padre offeso
 vada a placare io stessa?
 MEGACLE
                                               Ah che di tanto
 lusingarmi non so.
 ARISTEA
                                     Sì. Questo ancora
 per te si faccia.
 MEGACLE
                               Oh generosa, oh grande,
1085oh pietosa Aristea! Facciano i numi
 quell'alma bella in questa bella spoglia
 lungamente albergar. Ben lo diss'io,
 quando pria ti mirai, che tu non eri
 cosa mortal. Va', mio conforto...
 ARISTEA
                                                           Ah basta;
1090non fa d'uopo di tanto.
 Un sol de' sguardi tuoi
 mi costringe a voler ciò che tu vuoi.
 
    Caro, son tua così
 che per virtù d'amor
1095i moti del tuo cor
 risento anch'io.
 
    Mi dolgo al tuo dolor;
 gioisco al tuo gioir;
 ed ogni tuo desir
1100diventa il mio. (Parte)
 
 SCENA III
 
 MEGACLE ed ARGENE
 
 MEGACLE
 Deh secondate, o numi,
 la pietà d'Aristea. Chi sa se 'l padre
 però si placherà! Troppa ragione
 ha di punirlo. È ver; ma della figlia
1105lo vincerà l'amore. E se nol vince?
 Oh dio, potessi almeno
 veder come l'ascolta. Argene, io voglio
 seguitarla da lungi.
 ARGENE
                                      Ah tanta cura
 non prender di costui. Vedi che 'l cielo
1110è stanco di soffrirlo. Al suo destino
 lascialo in abbandono.
 MEGACLE
 Lasciar l'amico! Ah così vil non sono.
 
    Lo seguitai felice,
 quand'era il ciel sereno;
1115alle tempeste in seno
 voglio seguirlo ancor.
 
    Come dell'oro il fuoco
 scopre le masse impure,
 scoprono le sventure
1120de' falsi amici il cor. (Parte)
 
 SCENA IV
 
 ARGENE, poi AMINTA
 
 ARGENE
 E pure a mio dispetto
 sento pietade anch'io. Tento sdegnarmi,
 ne ho ragion, lo vorrei; ma in mezzo all'ira,
 mentre il labbro minaccia, il cor sospira.
1125Sarai debole, Argene,
 dunque a tal segno? Ah no. Spergiuro! Ingrato!
 Non sarà ver. Detesto
 la mia pietà. Mai più mirar non voglio
 quel volto ingannator. L'odio; mi piace
1130di vederlo punir; trafitto a morte
 se mi cadesse accanto,
 non verserei per lui stilla di pianto.
 AMINTA
 Misero dove fuggo? Oh dì funesto!
 Oh Licida infelice!
 ARGENE
                                     È forse estinto
1135quel traditor?
 AMINTA
                             No; ma 'l sarà fra poco.
 ARGENE
 Non lo credere, Aminta. Hanno i malvagi
 molti compagni, onde giammai non sono
 poveri di soccorso.
 AMINTA
                                     Or ti lusinghi;
 non v'è più che sperar. Contro di lui
1140gridan le leggi; il popolo congiura;
 fremono i sacerdoti; un sangue chiede
 l'offesa maestà; de' sagrifici
 che una colpa interrompe è il delinquente
 vittima necessaria. Ha già deciso
1145il pubblico consenso. Egli svenato
 fia su l'ara di Giove. Esser vi deve
 l'offeso re presente e al sacerdote
 porgere il sacro acciaro.
 ARGENE
                                              E non potrebbe
 rivocarsi il decreto?
 AMINTA
                                       E come? Il reo
1150già in bianche spoglie è avvolto. Il crin di fiori
 io coronar gli vidi; e 'l vidi, oh dio!
 incaminarsi al tempio. Ah forse è giunto;
 ah forse adesso, Argene,
 la bipenne fatal gli apre le vene.
 ARGENE
1155Ah no. Povero prence! (Piange)
 AMINTA
 Che giova il pianto?
 ARGENE
                                       Ed Aristea non giunse?
 AMINTA
 Giunse; ma nulla ottenne. Il re non vuole
 o non può compiacerla.
 ARGENE
 E Megacle?
 AMINTA
                        Il meschino
1160ne' custodi s'avvenne
 che ne andavano in traccia. Or l'ascoltai
 chieder fra le catene
 di morir per l'amico. E se non fosse
 ancor ei delinquente,
1165ottenuto l'avria. Ma un reo per l'altro
 morir non può.
 ARGENE
                               L'ha procurato almeno.
 Oh forte! Oh generoso! Ed io l'ascolto
 senza arrossir? Dunque ha più saldi nodi
 l'amistà che l'amore? Ah quali io sento
1170d'un'emula virtù stimoli al fianco!
 Sì; rendiamoci illustri; infin che dura
 parli il mondo di noi; faccia il mio caso
 meraviglia e pietà; né si ritrovi
 nell'universo tutto
1175chi ripeta il mio nome a ciglio asciutto.
 
    Fiamma ignota nell'alma mi scende;
 sento il nume; m'inspira, m'accende,
 di me stessa mi rende maggior.
 
    Ferri, bende, bipenni, ritorte,
1180pallid'ombre compagne di morte,
 già vi guardo ma senza terror. (Parte)
 
 SCENA V
 
 AMINTA solo
 
 AMINTA
 Fuggi, salvati, Aminta; in queste sponde
 tutto è orror, tutto è morte. E dove, oh dio,
 senza Licida io vado? Io l'educai
1185con sì lungo sudore; a regie fasce
 io l'inalzai da sconosciuta cuna;
 ed or potrei senz'esso
 partir così? No. Si ritorni al tempio;
 si vada incontro all'ira
1190dell'oltraggiato re; Licida involva
 me ancor ne' falli sui;
 si mora di dolor, ma accanto a lui.
 
    Son qual per mare ignoto
 naufrago passaggiero,
1195già con la morte a nuoto
 ridotto a contrastar.
 
    Ora un sostegno ed ora
 perde una stella; alfine
 perde la speme ancora
1200e s'abbandona al mar. (Parte)
 
 SCENA VI
 
  Aspetto esteriore del gran tempio di Giove Olimpico, dal quale si scende per lunga e magnifica scala divisa in diversi piani. Piazza innanzi al medesimo con ara ardente nel mezzo. Bosco all’intorno de’ sacri ulivi silvestri, donde formavansi le corone per gli atleti vincitori.
 
 CLISTENE che scende dal tempio preceduto da numeroso popolo, da’ suoi custodi, da LICIDA in bianca veste, coronato di fiori, da ALCANDRO e dal coro de’ sacerdoti, de’ quali alcuni portano sopra bacili d’oro gli stromenti del sagrificio
 
 CORO
 
    I tuoi strali terror de' mortali
 ah sospendi, gran padre de' numi,
 ah deponi, gran nume de' re.
 
 PARTE DEL CORO
 
    Fumi il tempio del sangue d'un empio
1205ch'oltraggiò con insano furore,
 sommo Giove, un'immago di te.
 
 CORO
 
    I tuoi strali terror de' mortali
 ah sospendi, gran padre de' numi,
 ah deponi, gran nume de' re.
 
 PARTE DEL CORO
 
1210   L'onde chete del pallido Lete
 l'empio varchi, ma il nostro timore,
 ma il suo fallo portando con sé.
 
 CORO
 
    I tuoi strali terror de' mortali
 ah sospendi, gran padre de' numi,
1215ah deponi, gran nume de' re.
 
 CLISTENE
 Giovane sventurato, ecco vicino
 de' tuoi miseri dì l'ultimo istante.
 Tanta pietade, e mi punisca Giove
 se adombro il ver, tanta pietà mi fai
1220che non oso mirarti. Il ciel volesse
 che potess'io dissimular l'errore.
 Ma non lo posso, o figlio. Io son custode
 della ragion del trono. Al braccio mio
 illesa altri la diede;
1225e renderla degg'io
 illesa o vendicata a chi succede.
 Obbligo di chi regna
 necessario è così come è penoso
 il dover con misura esser pietoso.
1230Pur se nulla ti resta
 a desiar, fuor che la vita, esponi
 libero il tuo desire. Esserne io giuro
 fedele esecutor. Quanto ti piace,
 figlio, prescrivi; e chiudi i lumi in pace.
 LICIDA
1235Padre, che ben di padre,
 non di giudice e re, que' detti sono,
 non merito perdono,
 non lo spero, nol chiedo e nol vorrei.
 Afflisse i giorni miei
1240di tal modo la sorte
 ch'io la vita pavento e non la morte.
 L'unico de' miei voti
 è il riveder l'amico
 pria di spirar. Già ch'ei rimase in vita,
1245l'ultima grazia imploro
 d'abbracciarlo una volta e lieto io moro.
 CLISTENE
 T'appagherò. Custodi, (Alle guardie)
 Megacle a me.
 ALCANDRO
                             Signor, tu piangi? E quale
 eccessiva pietà l'alma t'ingombra?
 CLISTENE
1250Alcandro, lo confesso,
 stupisco di me stesso. Il volto, il ciglio,
 la voce di costui nel cor mi desta
 un palpito improvviso
 che lo risente in ogni fibra il sangue.
1255Fra tutti i miei pensieri
 la cagion ne ricerco e non la trovo.
 Che sarà, giusti dei, questo ch'io provo?
 
    Non so donde viene
 quel tenero affetto,
1260quel moto che ignoto
 mi nasce nel petto,
 quel gel che le vene
 scorrendo mi va.
 
    Nel seno a destarmi
1265sì fieri contrasti
 non parmi che basti
 la sola pietà.
 
 SCENA VII
 
 MEGACLE fra le guardie e detti
 
 LICIDA
 Ah vieni illustre esempio
 di verace amistà. Megacle amato,
1270caro Megacle, vieni.
 MEGACLE
                                       Ah qual ti trovo,
 povero prence!
 LICIDA
                               Il rivederti in vita
 mi fa dolce la morte.
 MEGACLE
                                        E che mi giova
 una vita che invano
 voglio offrir per la tua? Ma molto innanzi,
1275Licida, non andrai. Noi passeremo
 ombre amiche indivise il guado estremo.
 LICIDA
 O delle gioie mie, de' miei martiri,
 finché piacque al destin, dolce compagno
 separarci convien. Poiché siam giunti
1280agli ultimi momenti,
 quella destra fedel porgimi e senti;
 sia preghiera o comando,
 vivi; io bramo così. Pietoso amico,
 chiudimi tu di propria mano i lumi;
1285ricordati di me. Ritorna in Creta
 al padre mio... (Povero padre, a questo
 preparato non sei colpo crudele!)
 Deh tu l'istoria amara
 raddolcisci narrando. Il vecchio afflitto
1290reggi, assisti, consola,
 lo raccomando a te. Se piange, il pianto
 tu gli asciuga sul ciglio;
 e in te, se un figlio vuol, rendigli un figlio.
 MEGACLE
 Taci. Mi fai morir.
 CLISTENE
                                     Non posso, Alcandro,
1295resister più. Guarda que' volti; osserva
 que' replicati amplessi,
 que' teneri sospiri e que' confusi
 fra le lagrime alterne ultimi baci.
 Povera umanità!
 ALCANDRO
                                  Signor trascorre
1300l'ora permessa al sacrificio.
 CLISTENE
                                                    È vero.
 Olà, sacri ministri,
 la vittima prendete. E voi, custodi,
 dall'amico infelice
 dividete colui. (Sono divisi da’ sacerdoti e da’ custodi)
 MEGACLE
                              Barbari! Ah voi
1305avete dal mio sen svelto il cor mio.
 LICIDA
 Ah dolce amico!
 MEGACLE
                                Ah caro prence!
 LICIDA, MEGACLE A DUE
                                                               Addio. (Guardandosi da lontano)
 CORO
 
    I tuoi strali terror de' mortali
 ah sospendi, gran padre de' numi,
 ah deponi, gran nume de' re. (Nel tempo che si canta il coro, Licida va ad inginocchiarsi a piè dell’ara appresso al sacerdote. Il re prende la sacra scure che gli vien presentata sopra un bacile da uno de’ ministri del tempio; e nel porgerla al sacerdote canta i seguenti versi, accompagnati da grave sinfonia)
 
 CLISTENE
1310O degli uomini padre e degli dei
 onnipotente Giove,
 al cui cenno si muove
 il mar, la terra, il ciel, di cui ripieno
 è l'universo, e dalla man di cui
1315pende d'ogni cagione e d'ogni evento
 la connessa catena,
 questa che a te si svena
 sacra vittima accogli; essa i funesti
 che ti splendono in man folgori arresti. (Nel porgere la scure al sacerdote viene interrotto da Argene)
 
 SCENA VIII
 
 ARGENE e detti
 
 ARGENE
1320Fermati, o re. Fermate,
 sacri ministri.
 CLISTENE
                             Oh insano ardir! Non sai,
 ninfa, qual opra turbi?
 ARGENE
                                            Anzi più grata
 vengo a renderla a Giove. Una io vi reco
 vittima volontaria ed innocente
1325che ha valor, che ha desio
 di morir per quel reo.
 CLISTENE
                                           Qual è?
 ARGENE
                                                            Son io.
 MEGACLE
 (Oh bella fede!)
 LICIDA
                                (Oh mio rossor!)
 CLISTENE
                                                                 Dovresti
 saper che al debil sesso
 pel più forte morir non è permesso.
 ARGENE
1330Ma il morir non si vieta
 per lo sposo a una sposa. In questa guisa
 so che al tessalo Admeto
 serbò la vita Alceste; e so che poi
 l'esempio suo divenne legge a noi.
 CLISTENE
1335Che perciò? Sei tu forse
 di Licida consorte?
 ARGENE
                                      Ei me ne diede
 in pegno la sua destra e la sua fede.
 CLISTENE
 Licori, io che t'ascolto
 son più folle di te. D'un regio erede
1340una vil pastorella
 dunque...
 ARGENE
                     Né vil son io
 né son Licori. Argene ho nome; in Creta
 chiara è del sangue mio la gloria antica;
 e se giurommi fé Licida il dica.
 CLISTENE
1345Licida, parla.
 LICIDA
                           (È l'esser menzognero
 questa volta pietà). No, non è vero.
 ARGENE
 Come! E negar lo puoi? Volgiti, ingrato,
 riconosci i tuoi doni,
 se me non vuoi. L'aureo monile è questo
1350che nel punto funesto
 di giurarmi tua sposa
 ebbi da te. Ti risovvenga almeno
 che di tua man me ne adornasti il seno.
 LICIDA
 (Purtroppo è ver).
 ARGENE
                                    Guardalo, o re.
 CLISTENE
                                                                 Dinanzi (Alle guardie che vogliono allontanarla a forza)
1355mi si tolga costei.
 ARGENE
                                   Popoli, amici,
 sacri ministri, eterni dei, se pure
 n'è alcun presente al sacrificio ingiusto,
 protesto innanzi a voi; giuro ch'io sono
 sposa a Licida e voglio
1360morir per lui; né... Principessa, ah vieni,
 soccorrimi; non vuole
 udirmi il padre tuo.
 
 SCENA IX
 
 ARISTEA e detti
 
 ARISTEA
                                       Credimi, o padre,
 è degna di pietà.
 CLISTENE
                                  Dunque volete
 ch'io mi riduca a delirar con voi?
1365Parla. Ma siano brevi i detti tuoi. (Ad Argene)
 ARGENE
 Parlino queste gemme, (Porge il monile a Clistene)
 io tacerò. Van di tai fregi adorne
 in Elide le ninfe?
 CLISTENE
                                   Aimè. Che miro! (Lo guarda e si turba)
 Alcandro, riconosci
1370questo monil?
 ALCANDRO
                             Se 'l riconosco? È quello
 che al collo avea, quando l'esposi all'onde,
 il tuo figlio bambin.
 CLISTENE
                                       Licida. (Oh dio!
 Tremo da capo a piè). Licida, sorgi;
 guarda; è ver che costei
1375l'ebbe in dono da te?
 LICIDA
                                         Però non debbe
 morir per me. Fu la promessa occulta;
 non ebbe effetto e col solenne rito
 l'imeneo non si strinse.
 CLISTENE
                                             Io chiedo solo
 se 'l dono è tuo.
 LICIDA
                               Sì.
 CLISTENE
                                       Da qual man ti venne?
 LICIDA
1380A me donollo Aminta.
 CLISTENE
                                           E questo Aminta
 chi è?
 LICIDA
               Quello a cui diede
 il genitor degli anni miei la cura.
 CLISTENE
 Dove sta?
 LICIDA
                     Meco venne;
 meco in Elide è giunto.
 CLISTENE
1385Questo Aminta si cerchi.
 ARGENE
                                                Eccolo appunto.
 
 SCENA X
 
 AMINTA e detti
 
 AMINTA
 Ah Licida... (Vuole abbracciarlo)
 CLISTENE
                         T'accheta.
 Rispondi e non mentir. Questo monile
 donde avesti?
 AMINTA
                             Signor, da mano ignota,
 già scorse il quinto lustro
1390ch'io l'ebbi in don.
 CLISTENE
                                     Dov'eri allor?
 AMINTA
                                                                Là dove
 in mar presso a Corinto
 sbocca il torbido Asopo.
 ALCANDRO
                                              (Ah ch'io rinvengo (Guardando attentamente Aminta)
 delle note sembianze
 qualche traccia in quel volto. Io non m'inganno;
1395certo egli è desso). Ah d'un antico errore, (Inginocchiandosi)
 mio re, son reo. Deh mel perdona; io tutto
 fedelmente dirò.
 CLISTENE
                                  Sorgi, favella.
 ALCANDRO
 Al mar, come imponesti,
 non esposi il bambin; pietà mi vinse.
1400Costui straniero, ignoto
 mi venne innanzi e gliel donai, sperando
 che in rimote contrade
 tratto l'avrebbe.
 CLISTENE
                                E quel fanciullo, Aminta,
 dov'è? Che ne facesti?
 AMINTA
                                           Io... (Quale arcano
1405ho da scoprir!)
 CLISTENE
                              Tu impallidisci? Parla,
 empio, di', che ne fu? Tacendo aggiungi
 all'antico delitto error novello.
 AMINTA
 L'hai presente, o signor; Licida è quello.
 CLISTENE
 Come! Non è di Creta
1410Licida il prence?
 AMINTA
                                  Il vero prence in fasce
 finì la vita. Io ritornato appunto
 con lui bambino in Creta, al re dolente
 l'offersi in dono; ei dell'estinto invece
 al trono l'educò per mio consiglio.
 CLISTENE
1415Oh numi, ecco Filinto, ecco il mio figlio. (Abbracciandolo)
 ARISTEA
 Stelle!
 LICIDA
               Io tuo figlio?
 CLISTENE
                                         Sì. Tu mi nascesti
 gemello ad Aristea. Delfo m'impose
 d'esporti al mar bambino, un parricida
 minacciandomi in te.
 LICIDA
                                          Comprendo adesso
1420l'orror che mi gelò, quando la mano
 sollevai per ferirti.
 CLISTENE
                                     Adesso intendo
 l'eccessiva pietà che nel mirarti
 mi sentivo nel cor.
 AMINTA
                                     Felice padre!
 ALCANDRO
 Oggi molti in un punto
1425puoi render lieti.
 CLISTENE
                                  E lo desio. D'Argene
 Filinto il figlio mio,
 Megacle d'Aristea vorrei consorte;
 ma Filinto, il mio figlio, è reo di morte.
 MEGACLE
 Non è più reo, quando è tuo figlio.
 CLISTENE
                                                                È forse
1430la libertà de' falli
 permessa al sangue mio? Qui viene ogni altro
 valore a dimostrar; l'unico esempio
 esser degg'io di debolezza? Ah questo
 di me non oda il mondo. Olà ministri,
1435risvegliate su l'ara il sacro fuoco.
 Va', figlio e mori. Anch'io morrò fra poco.
 AMINTA
 Che giustizia inumana!
 ALCANDRO
 Che barbara virtù!
 MEGACLE
                                     Signor, t'arresta.
 Tu non puoi condannarlo. In Sicione
1440sei re, non in Olimpia. È scorso il giorno
 a cui tu presiedesti. Il reo dipende
 dal pubblico giudizio.
 CLISTENE
                                          E ben s'ascolti
 dunque il pubblico voto. A pro del reo
 non prego, non comando e non consiglio.
 CORO DI SACERDOTI E POPOLO
 
1445   Viva il figlio delinquente,
 perché in lui non sia punito
 l'innocente genitor.
 
    Né funesti il dì presente
 né disturbi il sacro rito
1450un'idea di tanto orror.
 
 
 LICENZA
 
 Ah no; l'augusto sguardo
 non rivolgere altrove, eccelsa Elisa.
 Ubbidirò. Tu ascolterai, se m'odi,
 (dura legge a compir!) voti e non lodi.
1455Veggano ancor ben cento volte e cento
 i numerosi tuoi sudditi regni
 tornar sempre più chiaro
 questo giorno per te, per te che sei
 la lor felicità, che nel tuo seno
1460le più belle virtù, come in lor trono,
 l'una all'altra congiunte... Aimè! Perdono.
 Voti in mente io formai; ma dal mio labbro
 escon, per qual magia dir non saprei,
 trasformati in tua lode i voti miei.
1465Errai; ma il mondo intero
 ho complice nel fallo; e, non sdegnarti,
 mi par bello l'error. L'anime grandi
 a vantaggio di tutti il ciel produce.
 Nasconderne la luce
1470perché? se agli altri il buon camino insegna.
 Le lodi di chi regna
 sono scuola a chi serve. Il grande esempio
 innamora, corregge,
 persuade, ammaestra. Appresso al fonte
1475tutti non sono. È ben ragion che alcuno
 disseti anche i lontani. Ah non è reo
 chi celebrando i pregi
 dell'anime reali
 ubbidisce agli dei, giova a' mortali.
 
1480   Nube così profonda
 non può formarsi mai
 che le tue glorie asconda,
 che ne trattenga il vol.
 
    Saria difficil meno
1485torre alle stelle i rai,
 a' fulmini il baleno,
 la chiara luce al sol.
 
 IL FINE